Sarò antipatico. D’altra parte non scrivo per far contento qualcuno. Il caso Regeni, dunque. Che già dirlo così è un pessimo modo di dire. Perché Giulio Regeni era un ragazzo, palesemente ucciso al Cairo da membri dei servizi segreti egiziani. Nonostante l’inchiesta romana, probabilmente non avrà mai giustizia. Questa verità sgradevole certamente acuisce il dolore dei suoi genitori e di chi gli voleva bene. E anche di tutti noi. Come per qualunque giovane morto prematuramente e in odiose circostanze. Nel caso di Giulio Regeni una parziale verità è stata ragionevolmente accertata. Il problema è ora che l’Egitto – che è uno Stato sovrano, ma non precisamente una democrazia – non accetterà mai di estradare i presunti colpevoli. Né li processerà secondo i nostri criteri giuridici. E l’Italia non ha alcun mezzo per costringerlo a farlo. Non l’aveva eppure nel 1998, per impedire che i piloti responsabili della strage del Cermis fossero processati e semi-assolti negli USA.
L’Italia può usare la diplomazia, e lo sta facendo. Ma nulla di più. Volendo escludere l’ipotesi della dichiarazione di guerra. Ritirare l’ambasciatore? E poi? Mandare al Cairo le forze speciali per rapire i presunti colpevoli? Interrompere ogni rapporto commerciale? Chi ne parla fa finta di non sapere che le conseguenze sarebbero gravissime per l’Italia, non per l’Egitto. Espellere tutti gli egiziani che vivono in Italia? E che c’entrano loro?
Dispiace che la situazione sia questa? Si, molto. Ma è così. Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Purtroppo. Questo dice la ragione. Che cozza con il sentimento. C’è solo da sperare che le trattative sotterranee, col tempo, mutino il contesto. O mutino gli equilibri politici egiziani.
Detto questo, sarebbe utile, etico, necessario, giusto, che tutte le forze politiche italiane si attivassero, pur consapevoli della situazione. Perché l’Italia è debole, su tutti i fronti. Non riesce neppure a liberare dei pescatori trattenuti in Libia. In passato, bastavano due/tre giorni.
Per Regeni, mentre si spera, almeno un’altra cosa si può fare, anche se finora non è stata fatta, e nessuno sembra preoccuparsene. Eppure non presenta difficoltà insormontabili, perché si parla di relazioni italo-britanniche, brexit o non brexit.
L’omicidio di Regeni ha dei responsabili, gli assassini e i loro mandanti. Ma anche un responsabile morale. Si chiama Maha Abdel Rahman, la docente di Cambridge che ha indirizzato un ragazzo verso una missione impossibile, conclusasi con esito tragico. La signora non parla. Neppure una parola di pentimento, di scuse. Ammesso che quella ricerca fosse un’idea di Regeni, la signora avrebbe dovuto spiegargli di che cosa si trattava e in quale mondo si sarebbe infilato. Non lo ha fatto. Ne era il tutor. Dunque deve assumersi in tutte le forme possibili, pubblicamente, le sue responsabilità. Uno dei misteri di questa tragedia, risiede appunto nelle origini di quella missione impossibile. Eppure non se ne parla. Così la memoria di Giulio Regeni viene offesa due volte.
È stata offesa anche dalla Francia, si dice. Perché Macron ha premiato Al Sisi con la Legion d’Onore. Come il nostro Ordine al merito della Repubblica. Corrado Augias l’ha restituita. Un bel gesto dimostrativo, che altri stanno imitando. Persino Giovanna Meladri. Sarebbe curioso scoprire per quali meriti ne sia stata onorificata. D’altra parte è in buona compagnia. Si fa per dire. Insieme a Bokassa. Forse non se ne erano accorti. Ma giuro che, se l’ambasciatore francese mi avesse chiamato per dirmi che, chissà perché, mi davano la Legion d’Onore, non sarei andato a scorrere l’elenco. Nonostante la protezione assicurata per anni dalla Francia a un signore di nome Cesare Battisti, terrorista omicida. Non ricordo una trasversale e massiccia mobilitazione politico-sociale italiana. Ne’ abbiamo mandato le forze speciali a catturarlo a Parigi. Nonostante la condanna definitiva. Piuttosto, la Melandri ebbe l’onorificenza da Chirac, nel 2003, con Battisti rifugiato in Francia.
Ma questo è il passato. Una mobilitazione oggi sarebbe un bel segnale di dignità nazionale. Un cambio di passo positivo. Anche se non dovesse, come temo, produrre alcun risultato.