Stamane sono stato in una biblioteca. È sempre piacevole e si impara. In questo caso anche un paradosso. Con la cultura non si mangia, si dice… Non è proprio esatto, ma certo si fa fatica. Nonostante il Ministero guidato da Dario Franceschini si adoperi molto per dare una mano. Talvolta, però, in modo sbagliato, almeno per come la vedo io. Scade domani 29 aprile, alle ore 12, il nuovo bando che consente alle biblioteche pubbliche e private aperte al pubblico – cioè alle Fondazioni culturali – di ottenere contributi per l’acquisto libri. Bello, si dirà… Bello, ma non tutto oro è quel che luccica. Perché tutte le biblioteche, comunali, provinciali, private, sono in grande difficoltà, e non certo per mancanza di libri. Infatti il bando non ha lo scopo di sostenere le biblioteche, bensì l’editoria libraria e le librerie. Per capirlo basta leggere il Decreto ministeriale n.8 del 14 gennaio 2022, recante “Disposizioni attuative dell’articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2021, n. 234”.
Niente di male, anzi. Ma c’è qualche inghippo. Frutto, mi viene da pensare, di scarsa competenza in materia. Chi aderisce al bando deve impegnarsi – leggo sul sito – a <spendere l’intero importo riconosciuto, nelle modalità previste dal decreto ministeriale, in tempo utile per effettuare la rendicontazione entro il 30 novembre 2022, come da art. 2 comma 6 del Decreto Dirigenziale Rep. n. 127 del 24 febbraio 2022>.
Il problema nasce dal fatto che i contributi sono concessi in proporzione ai volumi già posseduti dalle singole biblioteche. Dunque una piccola biblioteca comunale si vedrà assegnare poche migliaia di euro. Meglio di niente, certo. Ma cosi sempre piccola restera’. Una grande biblioteca, invece, può ricevere decine di migliaia di euro per acquistare i libri, non dagli editori con lo sconto sul prezzo di copertina, ma dalle librerie di zona. Per di più se riceve, per fare un esempio, 100 mila euro, non può decidere di usufruire solo della metà. O tutto o niente. Che c’è di male? Di male c’è che acquistare, per dire, 20 mila libri, comporta un costo correlato, spesso incompatibile con le possibilità delle biblioteche stesse. Compri i libri, ma poi? Ormai, spesso, mancano gli spazi e il personale addetto è ridotto al lumicino. I libri, in una biblioteca, devono essere catalogati perché i frequentatori – studenti, professori, semplici lettori – possano usufruirne. Se i libri non sono catalogati non esistono. Possono esserci, ma come potrebbero essere in un deposito di pacchi. Nessuno sa che quel libro è presente in quel luogo. Dunque è una presenza del tutto virtuale, nota solo all’operatore che ha stilato l’elenco dei volumi da comprare.
Siccome frequento le biblioteche, so di cosa parlo. Così concepito, il bando non aiuta la diffusione della cultura, ma solo i bilanci di editori e librai, giustamente contenti di vendere i libri. Che poi non possano essere letti, poco importa. Un intervento del genere, pur teoricamente meritorio, nel concreto crea un cortocircuito e finisce nel nulla. Un deposito non è una biblioteca. Perché l’iniziativa funzioni sul serio, il Ministero dovrebbe sostenere le biblioteche finanziando l’assunzione di personale specializzato. Si dirà che tocca ai comuni, alle province, per esempio. Ma gli enti locali non possono assumere. Né i privati – salvo rarissime eccezioni – dispongono dei fondi necessari. E il cane si morde la coda.
A mancare è il buon senso. Persino le biblioteche nazionali di Roma e di Firenze, che per legge ricevono gratuitamente una copia di ogni libro edito in Italia, sono ormai in grande difficoltà nella catalogazione, e anche negli spazi. Le biblioteche pubbliche ormai non accettano neppure donazioni di fondi librari. Perché non sanno che cosa farne. Quindi interi patrimoni librai finiscono nei banchetti delle fiere o, fatalmente, al macero. Il che è un delitto. Peraltro, problemi analoghi ce li hanno gli archivi, pubblici e privati, locali e nazionali. Fondi archivistici non inventariati sono carta straccia. Fonti di conoscenza vanno perduti. Eppure, assumendo bibliotecari e archivisti, si dimostrerebbe che con la cultura si mangia. Forse a questo il Ministero dovrebbe pensare. Magari facendo un giro d’ispezione nelle biblioteche pubbliche e private americane, francesi, inglesi… Come esce un libro di storia in Italia, dopo qualche settimana lo si trova disponibile nella Biblioteca del Congresso di Washington. Sono soddisfazioni, per carità. Ma noi riusciremo mai a invertire la rotta, a fermare il declino? Purtroppo non vedo luce. Ed è un dolore. Potreste obiettare che ben altri problemi ci assillano in questo momento. Certo, ma senza cultura un paese muore, prima o poi.