Ma Franco Prodi è un povero scemo? Mentre Greta Thunberg e quelli di Fridays For Future sono invece attendibili? Già ordinario di fisica dell’atmosfera, studioso di meteorologia e climatologia, Prodi da anni dice le stesse cose. Quando esplose il caso Greta, nel 2019, interpellato, disse che <Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale, perché questo movimento incanala nella direzione sbagliata, cioè la lotta al riscaldamento globale, quella che è in realtà un’urgenza giusta, ovvero la salvaguardia del pianeta>. E chiarì che <al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato>.
Ma allora, Franco Prodi è un povero scemo? Con la tragedia della Marmolada è stato di nuovo interpellato e lui insiste. Ripete sempre le stesse cose. Ricorda, sempre, che <Nel tardo Medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95 per cento è colpa dell’uomo?>
Poveretto, deve essere proprio un povero scemo. Arrivò a dire che non è il caso di allarmarsi se i ghiacciai alpini si sciolgono, perché sono <fenomeni che abbiamo già conosciuto. La pianura Padana, per dire, era un’enorme ghiacciaio. Poi, la vita è ripresa>.
Decisamente, è un povero scemo. Soprattutto perché insiste. Mentre gli converrebbe starsene zitto e in pace, tanto quando anche la più sbagliata delle tesi diventa di dominio comune, c’è poco da fare. È come tentare di svuotare un secchio d’acqua con un mestolo bucato. Rischi solo di essere preso in giro. Anche se cerchi di far prevalere il ragionamento e i dati scientifici. Lui non nega che il riscaldamento sia in atto. Nega che esso dipenda soprattutto dall’effetto antropico, cioè dall’attività dell’uomo. La quale, anche se si fermasse all’improvviso, non potrebbe fermare il ciclo in atto. Che potrà essere corto o lungo, ma non possiamo modificarlo. Non ne deriva che dobbiamo star lì con le mani in mano senza mettere in campo ogni possibile intervento per limitare l’effetto antropico. Dobbiamo farlo, piuttosto, senza cedere alla tentazione del catastrofismo millenaristico.
Al catastrofisti non importano i precedenti. Se ricordi che nel 1916, durante la prima guerra mondiale, una massa nevosa stimata di duecentomila metri cubi si staccò da Punta Rocca e travolse 300 soldati, al catastrofista non importa. Il catastrofista ideologico pensa che ogni incidente possa essere prevenuto e non esista la fatalità. Non esista l’imprudenza, non esista l’errore umano. In fondo, pensa che si potrebbe essere immortali.
Tanto per esser banali, con semplici esperienze di vita, se gli dici che è vero che a Roma oggi fa caldo, ma ti ricordi quando, nel 1970, l’asfalto si scioglieva sotto le scarpe e lasciavi l’impronta, pensano che scherzi. Se gli dici che a Roma hai visto la neve ad aprile, sei scemo.
Il catastrofista pensa, nel concreto, che si debba tornare indietro. Quando si mangiava poco, si moriva giovani, si schiattava di freddo, i contadini facevano 12 figli e che ne morissero 6 o 7 non importava a nessuno. Il catastrofista adora Fulco Pratesi, il presidente onorario del WWF che non fa mai la doccia e cambia le mutande solo quando proprio necessario. Eppure dovrebbe sapere, lui nato aristocratico, che noblesse oblige. Obbliga, dunque, alla pulizia. Non solo a difendere i passeri.
Ps.
Questo testo, un po’ serio è un po’ sarcastico, ha suscitato un largo dibattito sui social. Rispondo così:
Cari tutti, cerco di finirla qui, perché mi è stato detto che aver fatto il liceo scientifico non basta per essere competenti. È vero. Per come l’ho fatto io, poi… Non sono competente di fisica, di climatologia, neppure di meteorologia. Mi occupo di storia e di politica. E sono un giornalista. Le mie, tuttavia, sono competenze che mancano ai ricercatori che si affannano a divulgare scienza sui blog. Mi è stata ammannita anche una lezioncina da quinta elementale su Galileo e Copernico, suvvia… Mi è stato concesso di non aver travisato il Prodi pensiero. Ricordo che, se l’avessi fatto, avrei violato la deontologia professionale. Dopo 43 anni di Ordine e qualche ruolo svolto non indegnamente, preoccupatevi della vostra deontologia, invece di copiare dal “Fatto” e da siti onestamente incredibili, che parlano di tutto, e niente hanno a che vedere con la ricerca scientifica. Legittimo, ma non dirimente. So leggere le carte, perché è il mio mestiere. Rifuggo dalla militanza ecologista, perché cerco soluzioni, che non riesco a trovare nel dibattito pubblico su un tema molto importante, per le generazioni future, alle quali vorrei fosse garantita una vita serena. Come non lo so, ma non lo sapete neppure voi, purtroppo . Prodi sbaglia e non vuole ammetterlo? Dunque non è scemo, ma arrogante. Rubbia era arrogante. Tutti arroganti? L’unica fonte degna citata è la NASA. E non dubito della serietà delle sue ricerche. Poi scopro che un dipendente della NASA è un militante politico, Peter Kalmus, che ha scritto ”Being the Change. Live Well and Spark a Climate Revolution”. Benissimo. Viva la rivoluzione. Basta carbone, basta petrolio, basta tutto. E poi? Questo è il problema. Che riguarda la politica mondiale. Guarda un po’. Una cosa semplice… Attendo con ansia dai climatologi che organizzino un summit planetario risolutivo, definitivo, salvifico. Mentre ci spiegano che sotto i ghiacciai in crisi si creano ruscelli pericolosi. Ma dai! Pensate, per caso, che non lo sapessi? Lo sa un montanaro, da padre in figlio. Volete spiegarglielo voi?