Ipotesi, ancora solo ipotesi. Per ora l’unico dato certo è che domani Draghi si presenterà al Senato, dove ha ottenuto il voto di fiducia, largamente, anche senza quel che resta dei Cinquestelle.
I Cinquestelle, dunque. Con l’ex premier Conte che non sa come uscire dalla situazione di crisi che ha determinato. E ci gira intorno, mentre anche tra i suoi l’ala governista sembra allargarsi. Dice e non dice, con quel suo eloquio equivoco, ridondante, obliquo, da avvocaticchio di provincia. E viene ancora da chiedersi come abbia potuto diventare non presidente del Consiglio, ma professore di diritto. Mah. Renzi lo ha definito uno stagista….
Comunque l’ultima sua è questa: <La nostra non era un no alla fiducia ma una reazione alle umiliazioni subite>. Umiliazioni subite, dice. Ma le umiliazioni che ci ha inflitto con i suoi comizietti pandemici? Quelle non le considera. Si riteneva uno Statista, ormai. Imprescindibile, insostituibile. Poveruomo.
Le cronache narrano che contro di lui, per sottrargli la leadership delle cinque stelle cadenti, si agitino persino Virginia Raggi, il peggior sindaco della storia di Roma, e Alessandro Di Battista, ribattezzato il “Che” Guevara di Roma Nord, per quanto di origini civitoniche. Un rivoluzionario da operetta, che guarda il caso ora parla da Mosca. Non stupisce. Perché quei tipi umani vagano per loro natura tra l’estrema sinistra e l’estrema destra ideologiche, e si incontrano nel non-luogo dove gli estremi si toccano, nel nome dell’antiamericanismo, dell’odio per civiltà liberal-democratica, del populismo più sconclusionato, e poi, in fondo, dell’anti-tutto. Un po’ penoso, diciamo.
Ma penosa è anche questa corsa affannata quanto trasversale di soggetti che, col cappello in mano – persino i neuroscenziati – pregano Draghi di ripensarci. È possibile che accada. Anche se patchwork, una maggioranza tecnica esiste. Persino l’untuoso Mario Monti lo prega, magari sperando, in subordine, di guidarlo lui un governo balneare, Dio ce ne scampi. Vedremo.
Intanto io mi considero umiliato dalla nostra incapacità di esprimere una seria guida politica e dal ritrovarci sempre alla ricerca di uomini della Provvidenza. Che poi della Provvidenza non sono. Non voglio giudicare Draghi. Confrontarlo con il predecessore è un insulto, non a lui, che può alzare le spalle e fregarsene, ma all’intelligenza. Il punto non è questo. È che questa stravagante legislatura è comunque arrivata al capolinea. Per consunzione. Sarebbe meglio prenderne atto. Domani sapremo. Forse. Potremmo persino scoprire che l’avvocaticchio è stato provvidenziale. Non come statista, ma come ignorante di politica.