Non sono un negazionista. Fa caldo. Molto caldo. E siamo provati. Ma quando dico che mi ricordo giorni simili di 20, 30, 40 anni fa, anche gli amici fanno spallucce. Mi guardano come fossi un cretino. Di solito smetto di discutere, è una perdita di tempo. Tanto ti dicono che ora è diverso. Che siamo vicini al baratro.
Va bene. Non voglio convincere nessuno del contrario. Auspico solo un po’ di prudenza critica. Però, stamane, un amico ha postato la foto di una pagina dell’Unita’ del 19 luglio 1964. Titolava: “Caldo africano: mal comune in tutta Europa”. Io c’ero, me lo ricordo.
Poi mi son detto: fammi cercare qualcos’altro, non nella mia memoria. È facile. Ormai i grandi giornali hanno un archivio digitalizzato. Non c’è più bisogno di sfogliare la carta in emeroteca.
Allora sono entrato nell’archivio del “Corriere”. Faccio un solo esempio, maggio 1922, cento anni fa. Leggendo, si scoprono riferimenti all’Ottocento. Non è una prova scientifica? Per carità. Gli esperti concionino. Io mi limito a segnalare. E a pensare che, ogni tanto, tra un allarme e l’altro, i giornali dovrebbero raccontare qualcosa di più. Non è roba da climatologi? No. Ma è storia.
La faccio breve. Non traggo conclusioni. Ma non mi va di passare sempre per scemo. È facile, basta poco per trovare altre date topiche. Non solo per il caldo, ma anche per il freddo. Alla fine ci si diverte.