Letti i giornali, stamane ho fatto un conto. Giorno più, giorno meno, dal 2013 a oggi il Partito Democratico ha governato per 2084 giorni su 2489. Nella scorsa legislatura con presidenti del Consiglio Letta, Renzi e Gentiloni. In questa, che sta tramontando, sostenendo il Conte II e il governo Draghi. Praticamente sempre, salvo la parentesi del governo gialloverde. Forse è un dettaglio da tenere a mente. Non banale. Perché il Pd ha avuto una qualche possibilità di incidere sul destino della Nazione, nel bene e nel male.
È però capitato che dopo una legislatura dominata dal Pd, gli elettori scelsero Grillo. Con il quale il Pd ha provato pateticamente a fare un governo, acconciandosi finalmente a farlo dopo la crisi provocata da Salvini, che non portò ad elezioni anticipate. Il Conte II, almeno questo va ammesso, non esprimeva quella che oggi si sbandiera come “agenda Draghi”. Un’agenda che non c’entra nulla con quel programma – diciamo così – di governo.
Sempre il Pd, per mesi, ha tentato di costruire un’alleanza politico-elettorale con Conte e i suoi Cinquestelle. Di tornare, in sostanza, a quel governo giallorosso – o rossogiallo, nell’auspicio lettiano – che con l’agenda Draghi non c’entra nulla. Ora Letta dice mai con chi ha fatto cadere Draghi, cioè Conte.
In politica tutto è mobile e relativo. Ma gli elettori farebbero bene a non dimenticare almeno la storia recente. Si può dire mai con i populisti se con i populisti estremi hai governato? Si può dire mai con i sospetti terzaforsisti tra Occidente e Russia se con questi hai governato? Si può. In campagna elettorale si può dire tutto. Salvo dimenticarlo il giorno dopo.
D’altra parte capita che si stia lavorando, in extremis, alla creazione di una alleanza di cespugli centristi. Anch’essa nel nome dell’agenda Draghi. Il quale Draghi non sembra avere la minima intenzione di benedire una cosa del genere. Né di guidare – magari come padre nobile – un partitino alla Monti, che fece la fine che sappiamo.
Non so come Calenda e Renzi potranno allearsi dopo i reciproci insulti. Osservo, giorno per giorno. Ma, osservando, non riesco da dimenticare che il Pd non ama l’alternativa. Preferisce esserci, sempre e comunque, senza mai chiarire bene con quali priorità programmatiche. Mi farebbe piacere se volesse intestarsi in campagna elettorale la “legge Zan” e lo “ius scholae”. Come bandiere. Temi peraltro rilevanti, anche se estranei all’agenda Draghi. E anche se io non concordo, non in in quelle forme, almeno. Ma ci vorrebbe coraggio. La sinistra italiana questo coraggio ce l’ha? Dubito.
Non dubito, invece, del pensiero profondo che circola nella sinistra italiana che spera di vedere il Pd al governo almeno per altri 2084 giorni, meglio ancora dieci anni pieni.
Un pensiero profondo che talvolta emerge, si appalesa, come dal sen sfuggito. L’ha espresso bene una collega di “Repubblica”, già direttrice dell’Unita’. Me l’ero perso, perché raramente seguo il suo talk su La7. L’ho ritrovato. Dunque Concita De Gregorio ha detto: ”Draghi come un professore di Harvard che ha avuto la supplenza all’Alberghiero di Massa Lubrense”. Riconosco a Concita il pregio di sapere che a Massa Lubrense in effetti si studia “Amministrazione Finanza e Marketing e dell’indirizzo Turismo”. Dove ci sono ragazzi e ragazzi che imparano un dignitosissimo mestiere. Che di questi tempi sarebbe molto utile. Il suo spregio per questi italiani normali non lo commento. Credo che anche Draghi non apprezzi. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensi quel Pd che governa l’Italia da 2084 giorni. Un tempo si chiamava Gauche Caviar. Una definizione che dice tutto.