La campagna elettorale è dunque cominciata. Formalmente. Perché di fatto è in corso dal giorno dopo la rielezione di Mattarella al Quirinale. Forse già dalla notte di quel 29 gennaio. Ma allora era virtuale e anche chi auspicava – secondo me giustamente – elezioni anticipate, è stato in fondo sorpreso dallo scioglimento delle Camere. Che – è bene ricordarlo – è stato provocato dall’alzata di scudi identitaria dell’ex presidente del Consiglio pentastellato Giuseppe Conte. Senza la sua mossa, si sarebbe arrivati alla scadenza naturale.
Comunque, ormai, è storia. Alle elezioni – 25 settembre – mancano esattamente due mesi. E la campagna elettorale è cominciata in modo sguaiato, mentre i partiti non hanno ancora ben chiare le possibili alleanze, necessarie con l’attuale sistema elettorale, e ancor più necessarie per la drastica riduzione del numero degli eletti. Una riduzione strapopulista che non ho mai condiviso. La considero inutile e dannosa.
Sommessamente voglio dare un consiglio, a tutti. Ricordatevi dell’Italia reale. Lo faccio perché sento parlare solo di bandiere teoriche, di scontri ideologici, persino di pericolo fascista. Un tema un po’ usurato. Per gli immemori, ricordo che il regime dittatoriale mussoliniano è morto il 25 luglio del 1943, cioè esattamente 79 anni fa. Non risultano tentativi di restaurazione dopo la fine della seconda guerra mondiale. E non mi pare che qualcuno stia chiedendo di instaurare una nuova dittatura, di qualunque colore.
Consiglierei quindi di lasciar perdere l’uso politico della storia. Piuttosto preoccupiamoci della cronaca, con la Russia che vuole sopprimere l’Ucraina. Con qualche conseguenza non irrilevante per l’Italia, per l’Europa, per il mondo. E per noi cittadini. Alle questioni dei cittadini normali – me compreso – deve parlare la politica. Sforzandosi di capire chi sia e di che cosa ha bisogno il cittadino normale.
Non voglio ricorrere alla retorica sulla casalinga di Voghera. Però, stamane, ho conosciuto una signora molto gentile. Efficientissima e non lamentosa. Fa le pulizie. Ed è preoccupata. Per il caro-bollette. Per il futuro dei figli. Per i problemi quotidiani. Ecco, io stimo quella signora. La quale vota come me, che nella media degli italiani sono un cittadino privilegiato. Ho avuto il privilegio di poter studiare e di scegliere una professione. Ho faticato, ma non posso paragonarmi ne’ a quella signora ne’ a un operaio di fonderia, e neppure a un infermiere del pronto soccorso o a un cameriere.
Quella signora ha il diritto di votare. E di sapere come chi deciderà di votare propone di risolvere i problemi suoi, della sua famiglia, dei suoi amici. Non sa di filosofia, di politica, di geopolitica, quella signora. Non è obbligatorio. Sa di economia domestica. Fa dignitosamente il suo dignitoso lavoro. E merita di essere ascoltata. Di essere rispettata. A lei prima che a me la politica deve parlare. Con chiarezza. Senza fumisterie. Senza promesse irrealizzabili. Perché quella signora capisce perfettamente che il libro dei sogni è appunto fatto di sogni. E che il paese di Bengodi è una favola. Lo sa. Non la prendete in giro. Quella signora lo capisce. E se non ascolta parole chiare probabilmente non voterà. Rinuncerà a esercitare un suo diritto fondamentale perché lo percepirà come inutile orpello.
Fatela tra la gente, la campagna elettorale, non nei salotti reali e virtuali di voi presunti “migliori”. Ascoltatela. Cercate di capirla. E ricordatevi che quella gente è migliore di voi e di me.