Non so se Edgar Morin, 101 anni l’8 luglio scorso – beato lui – sia definibile <uno degli intellettuali più importanti di questi ultimi due secoli>. Cioè dal 1822 a oggi. Mi pare un’iperbole, ma registro il parere di Nuccio Ordine, che lo ha incontrato e intervistato per “La Lettura” del “Corriere”, <dopo un soggiorno alle Canarie>, <mentre si accinge a raggiungere sua moglie, la sociologa Sabah Abouessalam, a Marrakech>. Comunque, intervistare un ultracentenario così in forma, del quale esce in Italia per Mimesis un piccolo saggio intitolato Svegliamoci!, penso dia soddisfazione. Ed è interessante cercare di capire il pensiero del “filosofo della complessità” ,che ha attraversato così tante stagioni, dal comunismo alla resistenza francese, al socialismo, e in fondo a tutte le correnti culturali di un secolo intero.
Dunque, leggo. E capisco almeno una cosa: che Morin è sempre Morin. Ragiona sulla complessità e, oggi come ieri, continua a ritenersi radicalmente “di sinistra”. Ma la sinistra, francese, europea, americana, mondiale, non gli piace molto, perché è diversa da come la vorrebbe lui. Salva, in parte, quella sudamericana – <un buon esempio> – ma, insomma, anche lì ci son dei problemi, perché è nostalgico del fallito tentativo dell’Ecuador di sganciarsi dall’area dollaro, spera nella nuova Colombia e nella prossima sconfitta di Bolsonaro in Brasile, forse dimenticando il vertice Brics del giugno scorso, con Xi, Putin, Modi, Ramaphosa e, appunto, il “trumpiano” Jair Bolsonaro. Capita che le relazioni internazionali siano più complesse persino della complessità moriniana.
In ogni caso, è intrigante conoscere il giudizio di Morin sulla sinistra. Cominciando da quella italiana. Secondo il filosofo, <Il Pd è il frutto di una serie di trasformazioni del vecchio Partito comunista in partito socialdemocratico. E vive, purtroppo, la stessa crisi della socialdemocrazia contemporanea, incapace di esprimere una nuova linea di pensiero e una nuova via. Ma soprattutto incapace di respingere l’idea neoliberista fondata sul fatto che non ci siano alternative. Senza individuare i temi centrali da affrontare, sarà difficile promuovere un nuovo corso economico e sociale>. Non so se Letta sarebbe d’accordo. Forse Fratoianni.
D’altra parte, sempre secondo Morin, in generale, <Ciò che manca oggi è la chiarezza di indicare una via: non un cammino tracciato in anticipo, ma un percorso che indichi almeno una direzione. Questa assenza caratterizza il degrado dei partiti di sinistra>.
<In passato – lamenta – c’erano forze progressiste, incarnate nei diversi partiti di sinistra, in grado di coltivare la speranza nei confronti del futuro: penso alla proposta illusoria e mitologica del comunismo e al successivo degrado della socialdemocrazia. Degrado che scaturisce da un altro profondo degrado: quello del pensiero. Le riflessioni di Marx, per esempio, sull’uomo, sulla natura, sulla storia, sul mondo… erano coerenti. E questo pensiero contiene ancora elementi molto giusti>. Morin è sempre Morin. Marx continua a essere un punto di riferimento fondamentale. Anche per questo non può apprezzare la sinistra americana. Infatti <Biden e i suoi collaboratori hanno utilizzato parole inquietanti: “Il nostro scopo è indebolire la Russia in modo permanente”>. Quasi quasi rimpiange Trump.
<Una sinistra rinnovata – spiega Morin – deve favorire i processi di un’autentica indipendenza dell’Europa dalle grandi potenze mondiali. Gli americani vanno considerati come alleati, non come dominatori. Mi pare evidente che la Russia è aggressiva e che Putin è un despota, erede dello zarismo e del Kgb. Ma, nello stesso tempo, è indiscutibile che attraverso il martirio dell’Ucraina si sta consumando una lotta tra due superpotenze. Questo conflitto oltrepassa Russia e Ucraina, perché potrebbe produrre un’escalation molto pericolosa, in cui non è da escludere il ricorso alle armi nucleari. Non vorrei essere frainteso: è giusto che gli ucraini difendano la loro indipendenza. Ma il legittimo aiuto all’Ucraina dovrebbe essere accompagnato da una forte pressione sulla Russia per ottenere una pace che fermi distruzioni e massacri>.
Non è una visione così originale, diciamo. È solo una delle tante possibili versioni dell’antioccidentalismo. Che ha il pregio dell’utopia, e insieme il limite di non spiegare come convincere il <despota> a trattare. Magari Morin ci riesce con una telefonata da Marrakech. Ma, come si sa, non è questo il ruolo degli intellettuali, neppure se si tratta di uno dei <più importanti degli ultimi due secoli>. Che continua a sognare una sinistra plurale: <Quella libertaria (che promuove lo sviluppo pieno e completo dell’individuo), quella socialista (che punta a riformare la società), quella comunista (che insiste sulle idee di comunità e di fratellanza) e, oggi, anche quella ecologica (che ci invita a riflettere sul rapporto con la natura)>. Ho letto bene: <fratellanza>. Suvvia, Morin…Svegliamoci!
Ps. Magari ho capito male. Il libro esce il 9 settembre. Lo leggerò…