Troppo Gotham City, troppo Les Misérables… Da cultore del genere penso che Patrice Leconte ci abbia messo un po’ troppo del suo in questo Maigret. L’adattamento cinematografico del romanzo (Maigret e la giovane morta, 1954) è forse eccessivo, troppo liberamente ispirato a, la narrazione un po’ sopra le righe. Ma bisogna riconoscere che l’insieme funziona. Bene. Molto bene.
Il fatto è che sono infiniti i Maigret cinematografici ed è scontato che ogni volta si soppesi la fedeltà della sceneggiatura al testo, e si confronti il protagonista agli illustri predecessori. La delusione è sempre dietro l’angolo. Ma registi e attori lo sanno. Sbaglia lo spettatore, ma è inevitabile che accada.
Detto questo, tuttavia, in questo nuovo Maigret si riconosce Simenon. C’è. Anche se lo studio dell’ambiente sociale che caratterizza il carattere del commissario è sfumato, quasi evanescente. E c’è anche il commissario. Un commissario autunnale, crepuscolare. Un commissario vicino alla pensione e ancor più etico e umano dell’originale.
Quella di Depardieu è una interpretazione onestamente sublime, immensa, nonostante debba rinunciare alla gestualità della pipa e alle brasserie. Perfetti i tempi, le parole centellinate, i silenzi, l’incedere, gli sguardi. Ha saputo calarsi perfettamente nel ruolo, aiutato anche dalla sua fisicità. Promosso. Almeno da me.