È persino stucchevole seguire l’evoluzione della “crisi” italo-francese sulla questione migranti. Meloni ha sbagliato, dicono… Non conviene all’Italia incrinare il “patto” sottoscritto nel 2021 da Draghi con Macron… Si resta isolati… Si rischia sui fondi europei… A Bruxelles sì innervosiscono…
Può anche darsi che lo siano, nervosi, alla Commissione. Ma a me pare che nervosi siano soprattutto a Parigi. Lo dico da sostenitore del sistema istituzionale francese, ciò del semipresidenzialismo, che consente a Macron di governare, nonostante non goda di una sua maggioranza nell’Assemblea Nazionale. Eppure governa, garantendo stabilità.
Venendo al dunque, cioè all’immigrazione clandestina. Dicono in Francia che non abbiamo rispettato le regole. Cioè: voi prima li dovete salvare, poi li accogliete, poi chiedete agli “amici” dell’Unione di quanti cortesemente sono disposti a farsi carico. Dice Macron che, data la situazione, la Francia smetterà di accogliere i 3500 promessi entro il 2023. Per ora ne ha fatti entrare 117. E ha mandato le “divisioni” a Mentone. Tanto buonismo, braccino corto.
Nel frattempo in Italia continuano a sbarcare. 90mila quest’anno. Migranti economici, salvo rari casi, nonostante i proclami delle ONG. L’Italia li salva, con i pescherecci, con la Marina. Nessuno rifiuta di imbarcare nel Mediterraneo le vittime del traffico di essere umani.
Cattiva sarebbe l’Italia? Non la Francia, che per una nave che attracca a Tolone protesta come fosse stata invasa da un’armata nemica? O dai lealisti borbonici che nel 1793 occuparono la città per restaurare, appoggiati da spagnoli e inglesi, la monarchia assoluta. Quanto pesa la storia… Ma pesa per tutti.
La questione è complessa. Italia, Grecia, Malta e Cipro lo hanno chiarito. Non possiamo essere noi i soli porti sicuri. Lo ha detto anche Papa Francesco. È una responsabilità che va condivisa. La Spagna si è sfilata, ipocrita, con un “andate avanti voi, che se va bene risolvete anche il mio problema”.
La questione è complessa. Il traffico di migranti clandestini segue rotte marittime e terrestri. Ma il peso maggiore, onestamente, è a carico dell’Europa meridionale. La regola del “più vicino porto sicuro” non può funzionare. Troppo comodo. Quando la guardia costiera italiana salva vite non è che poi le scarica in Corsica. Perché mai le navi private delle ONG non portano i salvati nei paesi di cui battono bandiera? Perché sono lontani, dicono. La vicenda della Ocean Viking dimostra che non è impossibile arrivare a Tolone. Costa solo di più. È facile essere buoni con i soldi degli altri.
Per questo la Francia protesta. Perché si è creato un precedente. Pericoloso per loro. Buono per noi. Facile fare proclami quando mai ti devi preoccupare di assistere gli sbarcati, di curarli, ospitarli, nutrirli. Il che è giusto. Ma si può fare un po’ per uno.
Come finisce? L’Italia rischia l’isolamento? Questo ricatto deve finire. Nonostante il debito pubblico eccessivo, non siamo l’anello debole della catena. Siamo una grande Nazione, una media potenza economica mondiale. Ora siamo anche politicamente rispettabili. Con tutti i nostri problemi, che non sono tuttavia maggiori di quelli francesi.
È chiaro, si tratta di sedersi a un tavolo e parlare. È il tempo di stabilire regole chiare, applicabili, di condividere benefici e responsabilità. È evidente che gli Stati dell’Unione, per tradizione, per collocazione geografica, per cultura, per relazioni internazionali, hanno problemi e interessi diversi, talvolta anche confliggenti. Quotidianamente. Una scossa era necessaria. È necessaria. Magari lo sbarco a Tolone può essere un punto di partenza, cari cugini.