Ancora un naufragio. Ancora una tragedia provocata dai trafficanti di essere umani. Come a Cutro, dove il numero delle vittime è salito a 79. E non è finita.
Un barcone salpato dalla Libia è andato in avaria in acque di competenza libica, con il mare in burrasca. È alla deriva. Scatta l’allarme. La Guardia Costiera di Bengasi non interviene. Malta non risponde. La catena italiana si mette in moto, pur non essendo competente. Alcuni mercantili raggiungono il barcone. Solo il quarto arrivato è in grado di tentare il trasbordo. Il barcone si rovescia. Solo 17 persone su 47 vengono salvate.
Nelle ultime 48 ore la Guardia Costiera e la Marina italiane hanno salvato 1300 persone. Nel quadro di una situazione drammatica, a me sembra un buon risultato. Della situazione fa parte – per usare eufemismi – la scarsa capacità della Libia di essere realmente uno Stato. Non un problema di facile soluzione.
Non mi piace che uomini, donne e bambini muoiano in mare. Non mi piace neppure che a Sondrio due adolescenti siano morti mentre attraversavano i binari senza accorgersi di un treno in arrivo. Né mi piace la quotidiana strage sulle strade. Men che meno mi piacciono gli incidenti mortali sul lavoro. O gli omicidi, di uomini e donne. Neppure la sofferenza dei malati mi piace. Per non dire delle guerre. Insomma, vorrei un mondo migliore. Come tutti, credo. Meno gli assassini. I responsabili delle guerre. I tossici e gli ubriachi al volante, etc. etc.
Una nuova tragedia, comunque, nel Mediterraneo. Dove il flusso dei barconi aumento ogni giorno. Eppure persone vengono salvate. Si poteva fare meglio? Scusate. Non sono cinico. Me dubito. E credo che dovremmo essere grati ai marinari, civili e militari, che ci riescono, rischiando essi stessi di morire.
C’è naturalmente un altro modo – opposto al mio – di valutare i fatti. C’è il lamento retorico di chi pensa che si poteva fare di più. Come, con quali mezzi, non si dice. Ma si poteva fare di più. Sono trent’anni che si poteva fare di più. Per esempio occupando militarmente la Libia. Una bella guerra di occupazione e passa la paura… Ecco, magari non è questa la strada giusta. Oppure moltiplicando le navi di soccorso. Le quali, tuttavia, è difficile che possano controllare h24 tutto il Mediterraneo.
E allora? Allora, mentre sempre più urgente è una solidarietà europea non solo verbale per affrontare il dramma – riguarda anche la Spagna, per inciso – dobbiamo anche sopportare che una ong – tale Alarm Phone – diffonda questa comunicazione : <Le autorità italiane hanno ritardato deliberatamente i soccorsi, lasciandole morire>. Un’altra, Sea Watch, denuncia: <Ancora un’omissione di soccorso. Ancora tragedie>. Di Sea Watch si sa. Alarm Phone – ho controllato il sito – è totalmente anonima. Proprio il suo sito spiega che <Alarm Phone non è un numero per salvataggi ma un contatto di emergenza in supporto alle operazioni di salvataggio. Alarm Phone non può effettuare salvataggi. Non siamo fisicamente presenti nel Mediterraneo e non abbiamo imbarcazioni né elicotteri. Se siete in difficoltà o in pericolo, o se le autorità stanno effettuando un respingimento, seguite questa procedura: Chiamate la guardia costiera e comunicate la vostra situazione di emergenza; Chiamate Alarm Phone. Ci assicureremo che la vostra richiesta di soccorso venga gestita; In caso non veniate soccorsi immediatamente dalla guardia costiera, chiamate Alarm Phone di nuovo. Informeremo le organizzazioni umanitarie e i media affinchè facciano pressione sulle operazioni di soccorso>.
Insomma, trattasi di centralinisti anonimi. Come fanno ad operare, dal 2014? <Il progetto – spiegano – è supportato da un’ampia rete di sostenitori su entrambe le sponde del Mar Mediterraneo. Tra questi ci sono noti intellettuali e giornalisti, superstiti di naufragi e parenti di persone scomparse nel tentativo di raggiungere l’Europa. Il progetto è sostenuto e supportato da migranti che hanno esperienza diretta della violenza dei confini, e da cittadini indignati dalla situazione attuale>. A lungo termine l’obiettivo degli anonimi è <creare un mondo senza confini e di assicurare libertà di movimento per tutti>.
Benvenuti nel mondo in cui le supercazzole non hanno confini. Ma le supercazzole, si potrebbe obiettare, non sono pericolose. Non è proprio così. Sono pericolose. Perché qualcuno ci crede.