Berlino, Opernplatz, 10 maggio 1933. Adolf Hitler era cancelliere del Reich dal 30 gennaio. Sono passati poco più di tre mesi. Coordinati da Joseph Goebbels, gli studenti del partito nazista organizzarono quello che è passato alla storia come “rogo dei libri”. I libri degli autori – non solo ebrei – considerati anti-tedeschi. Arriverà poi il tempo dell’arte “degenerata”. Il rogo fu un atto simbolico, come spiegò Goebbels, “per eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato”. Nasceva così la nuova Germania.
In realtà, in Germania era già accaduto nell’Ottocento. E non si può dimenticare che, nella storia, ci sono stati molti “roghi”, sia pure virtuali. Non solo in Europa. Per restare nel nostro mondo, nel 1559 papa Paolo IV creò l’Index librorum prohibitorum. Aggiornato puntigliosamente fino alla metà del Novecento, fu soppresso dalla Congregazione per la dottrina della fede il 4 febbraio del 1966. All’Indice finirono Bacone, Balzac, Cartesio, Diderot, Hobbes, Montesquieu, Hugo, Pascal, Alfieri, Croce, Beccaria, Kant, Spinoza, Fogazzaro, Gentile, Tommaseo, Rosmini, tanto per dirne qualcuno. Appena tre anni prima Martin Luther King guidò a Washington la marcia contro la segregazione razziale. Questo per ricordare come la storia sia piena di buchi neri.
Scandalizzarsi? Magari è ingenuo, ma si può. E forse si deve. Perché il passato si può ripetere. Cambiano le forme, non la sostanza.
Dunque in Italia, a Torino, nel Salone del libro, può capitare che a Eugenia Roccella sia impedito di presentare il suo romanzo autobiografico Una famiglia radicale (Rubbettino, 2023). Una folla urlante, si è radunata nel nome della libertà e del femminismo, contro una femminista storica, perché si è detta contraria alla pratica dell’utero in affitto. È un’opinione, su un tema delicato e complesso, che peraltro, per quel che vale, io condivido. Ma, se non condividessi, direi le stesse cose. Tanti libri non mi piacciono, eppure non pretendo che siano ritirati dal commercio.
Da questa opinione si può dissentire. Civilmente. È legittimo. In democrazia. Ma farlo come è stato fatto, impedendo alla Roccella di parlare del suo libro, non si può. Significa pretendere di cancellare le idee. Esattamente come pretendeva di fare Goebbels bruciando i libri sgraditi, per costruire un pensiero unico. Sappiamo dove il pensiero unico ha portato l’Europa. Nella Germania hitleriana, e non solo. Sappiamo quanto sia stato difficile per Aleksandr Solženicyn far pubblicare in Occidente Arcipelago Gulag. Sappiamo come in Iran vengono trattati i dissidenti, soprattutto le ragazze.
Di esempi, nel presente, se ne possono fare tanti. Ma che i roghi si perpetuino in Stati retti da autocrazie – se non vogliamo chiamarle dittature – si può comprendere, senza giustificare. Né comprendere né giustificare si può che accada in Occidente. Eppure accade. Essere preoccupati, indignati è necessario. La libertà di pensiero è la base della nostra civiltà, della nostra democrazia. L’articolo 21 della nostra Costituzione afferma che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Non prevede che si possa impedire di presentare pubblicamente un libro, anche se sgradito. Chi vuole criticare le opinioni di Eugenia Roccella può farlo, ma non impedirle di scrivere e parlare.
Pier Paolo Pasolini criticò il “fascismo degli antifascisti”. Con i fatti di Torino sia arrivati al nazismo degli antinazisti. Ai contestatori, liberi di criticare, non di cancellare il pensiero altrui, dovremmo suggerire di studiare un po’ la teoria dell’eugenetica negativa. Ammesso che siano capaci di leggere e capire.