Giampiero Mughini, che gli è amico, ha scelto la strada del silenzio. Lui, Vittorio Sgarbi, continua a girarci intorno, dimentico della saggezza popolare. “La mmerd, chiù l’arvuddichi e chiù puzza”, dice il proverbio. Ho scelto la versione abruzzese, perché mi sembra la più carina. Tanto il concetto è quello. Ma lui non se ne fa una ragione, vittima della coazione a ripetere.
Non sono un odiatore di Sgarbi. Nella comunicazione e nei talk ha avuto momenti felici. Come critico d’arte non si discute, anche se è stato discusso. A suo modo è anche simpatico. Ma gli manca, da sempre, il senso del limite.
Quando la televisione era triste contribuì a cambiarla. Forse non si è accorto che, nel frattempo, il mondo è cambiato. Forse è veramente convinto che esprimersi costantemente sopra le righe sia una forma di dadaismo o, addirittura, di futurismo. Invece, più di cent’anni dopo, la sua logorrea non è cultura alternativa, ma solo paura della vecchiaia che incombe. So che vuol dire, visto che ha solo pochi mesi più di me. Qualcuno glielo dovrebbe spiegare. Dovrebbe spiegargli che non è la reincarnazione di Tristan Tzara, e neppure di Filippo Tommaso Marinetti. Che, comunque, facevano spettacolo, arte, non turpiloquio. Persino la Merda d’artista di Piero Manzoni è arte, come i ready-made di Marcel Duchamp. Come arte può non piacere, ma il messaggio si può comprendere.
L’ultima volta che l’ho incontrato, qualche mese fa, Sgarbi mi ha dato del comunista. Pubblicamente. Perché lo ha fatto? Perché aveva sbagliato platea ed era convinto di strappare l’applauso o di scandalizzare. Invece, tra persone che grosso modo mi conoscevano, ha fatto la figura di quei politici di una volta che, correndo qua e là per i comizi elettorali, ormai stremati, sbagliavano il nome del paese.
Poi abbiamo fatto pace. La foto ne è testimonianza. Abbiamo fatto pace perché litigare con Sgarbi non ha senso. L’ho solo pregato di non rovinare la mia Viterbo, dove ha assunto il ruolo di assessore alla Bellezza. Uno dei suoi infiniti ruoli, a titolo gratuito, tanto numerosi che forse non si ricorda neppure lui. Perché lo fa? Già, perché? Vogliamo definirlo estremismo narcisista? O narcisismo estremo? Oppure vocazione situazionista? Mah…
Piuttosto, se fossi cittadino di Arpino, e avessi contribuito a eleggerlo sindaco, sarei seriamente preoccupato.