Questa mattina, non disponendo momentaneamente di chauffeur, alla stazione di Fossato di Vico – Gubbio sono salito sul treno regionale veloce diretto a Roma Termini.
Indossavo una camicia celeste di lino leggero, Brooks Brothers, un po’ stazzonata perché l’ho acquistata qualche tempo fa a Manhattan, perfettamente consapevole di contribuire così al sostentamento di piccoli vietnamiti.
Anche i pantaloni blu erano di lino, nuovi, un filo meno leggeri. Le scarpe sportive Doucal’s, invece, color tabacco.
Seduto al mio posto, lato finestrino, ho aperto l’IPad e mi sono dedicato alla lettura del “Corriere della Sera” in versione digitale.
La carrozza di prima classe era piena. C’era un fastidioso brusio. Intorno a me ragazzi e ragazze sui vent’anni, vestiti un po’ così, come viene: T-shirt dozzinali, bermuda i ragazzi, hot pants le ragazze. Qualcuno parlava di vacanze e di lavoro agognato. Altri consultavano compulsivamente gli smartphone. Davanti a me sedeva un giovane africano.
Nessuno leggeva un giornale, né un libro. Chessò, il “Financial Times” o la Democrazia in America di Alexis de Tocqueville.
Caro collega Alain Elkann, non sai come mi sono sentito frustrato. Mi son detto che solo tu, che insegni all’Università della Pennsylvania, mentre io banalmente alla Scuola di Giornalismo di Perugia, potevi capire il mio dolore. Capire in quale baratro stia precipitando questo nostro mondo, dove i treni spesso arrivano in orario ma non dispongono più della terza classe. Tu che hai scritto tanto per editori migliori dei miei. Tu che sei un’icona della cultura liberal, mentre io sono un disgraziato conservatore. Magari mi potresti aiutare.
Poi ho pensato che, se fosse ancora vivo mio nonno Filippo, libero docente di psichiatria all’Università di Roma, gli chiederei: “Nonno, perché?” E mio nonno mi avrebbe risposto, ne sono certo: “Perché Dio ha voluto creare anche questa tipologia di intellettuali, perché sia di monito a noi poveretti”.
Un caro saluto collega Alain, povero viaggiatore disperato. E un saluto anche ai cari colleghi di “Repubblica”, che si affannano a volerci spiegare come dovrebbe andare il mondo.
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Per onestà intellettuale va detto che il Comitato di Redazione di Repubblica ha diffuso questo comunicato:
”Questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto”.
4 comments
Cesare Manfroni
Luglio 24, 2023 at 3:26 pm
Hai detto tutto ; riflessioni amare .
Sopratutto per quanto riguarda il giornalismo : oggi peggio di sempre !
Manipolatori a tanto al pezzo …….,
Gianni Scipione Rossi
Luglio 24, 2023 at 4:17 pm
Già
Elena Antonelli
Luglio 24, 2023 at 5:08 pm
Bravo!
Gianni Scipione Rossi
Luglio 24, 2023 at 5:28 pm
Grazie