È inevitabile che la stampa continui a occuparsene. Altrettanto inevitabile è che lo facciano i social. Aboubakar Soumahoro faceva il duro e puro difensore dei lavoratori immigrati sottopagati. Che esistano lo sappiamo tutti. Accade soprattutto in agricoltura, ma non solo. Per quanto riguarda i braccianti è sotto gli occhi di tutti. Il caporalato non è stato debellato. Prima riguardava gli italiani. Poi gli albanesi e i romeni, soprattutto. Dopo sono arrivati gli africani. Quando gli albanesi hanno cominciato a integrarsi. Mentre i romeni sono diventati indispensabili, per fare un esempio, nella potatura e nella vendemmia. Non è come raccogliere i pomodori. Ci vuole professionalità. Loro ce l’hanno e si fanno, giustamente, pagare bene. Come i sikh nell’allevamento. Sono indispensabili. Come lo erano i meridionali nelle fabbriche metalmeccaniche ai tempi del boom economico. La ruota gira.
Per quanto determini problematiche evidenti, un’immigrazione gestita serve all’Italia e all’Europa. Ma, appunto, deve essere gestita e gestibile. Altrimenti si finisce nelle baraccopoli dei raccoglitori di pomodori, che non sono state cancellate per decenni. Perché se le chiudi non sai dove mettere chi ci vive. Perché qualcuno i pomodori li deve pur raccogliere.
Mi auguro naturalmente che si riescano a gestire civilmente le onde cicliche. E, altrettanto naturalmente, che la delinquenziale tratta dei nuovi schiavi sia debellata. Ma gli sproloqui da bar contro i “diversi” mi fanno rabbrividire. Non meno di quelli dei presunti colti sulla sostituzione etnica manovrata da una sorta di oscura Spectre. Il povero visionario conte austro-nipponico Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi non diceva nulla di questo. Ma il mito del complotto mondiale è difficile da debellare. Se qualcosa va male, basta trovare un colpevole immaginario. Tanto qualcuno disposto a scrivere un falso protocollo dei Savi di Sion lo si trova facilmente.
Veniamo al dunque. Aboubakar Soumahoro mi fa pena. Nato 43 anni fa in Costa d’Avorio, arriva in Italia diciannovenne. La sua poteva essere una vita di stenti, come tante. Invece è intelligente. Si laurea a Napoli. E cominci a occuparsi degli immigrati. Li sostiene contro i soprusi e li rappresenta. Li sindacalizza. Trova una missione, un ruolo. Riempie un vuoto. In fondo un Aboubakar Soumahoro era necessario. Come difensore dei deboli – icona del buonismo – il buon Angelo Bonelli lo fa entrare in Parlamento. La retorica può fare danni, gravi. D’altra parte Marco Pannella aveva fatto entrare Ilona Staller. Lo scandalo finì dopo cinque minuti. Ilona non fu peggiore di tanti professionisti della politica. Pannella sapeva bene chi era Cicciolina. Lui era un genio della provocazione libertaria. Tutto era calcolato. Bonelli non è Pannella. Non lo vede neppure da lontano. E non vede il lato oscuro del nuovo capopopolo, che per entrare a Montecitorio sceglie di fare scena indossando giacca, cravatta e stivali infangati. E fa, oscurando chi ha avuto l’idea di candidarlo.
Capita, gentile Bonelli. Si sbaglia. Purtroppo l’errore ha seguente gravi. Non solo per Aboubakar, forse solo ingenuo e troppo teatrale, che si ritrova nella bufera con la moglie Liliane Muraketete e la suocera Therese Mukamitsindo cariche di accuse infamanti. Sarà la magistratura a giudicare, ovvio. Ma, insomma, la puzza di bruciato c’è. Un giorno sapremo. Per ora, il campione della difesa degli ultimi sembra un cretino. E le donne di famiglie amanti del lusso gestrici di un caporalato.
L’onorevole Aboubakar Soumahoro mi fa pena. Spero sia innocente. Poteva aiutare le vittime. E invece è sprofondato nel fango dei suoi stivali. Mi fa pena umanamente, come tutti quelli che cadono, all’improvviso, senza rendermene conto, per insipienza. Siccome non è Napoleone, di lui non si potrà dire che cadde e risorse. Né avrà senso chiedersi se la sua fu vera gloria. Semplicemente cadde rincorso dalla satira che, si sa, è cattiva.
Lui mi fa pena. La vicenda in se mi dispiace. E mi preoccupa. Perché è inevitabile che ogni altro tentativo di rappresentare le reali esigenze degli ultimi sarà, fatalmente, guardato con sospetto. Non sarà credibile. Susciterà perplessità preventive. Gli ultimi non se lo meritavano. E neppure noi. Almeno quelli tra noi che vogliono credere a un’Italia migliore, senza caporalati. Che spero sempre siano una larghissima maggioranza. Non dedita agli sproloqui da bar.