Il libro era lì, impilato, sulla scrivania. Consapevole dei miei interessi me lo aveva suggerito mio figlio Leonardo, e lo avevo acquistato. Ma, giorno dopo giorno, la pila saliva e il saggio di Vittorio Emanuele Parsi scendeva, sommerso da nuovi arrivi. Più importanti? Più attrattivi? Più urgenti? Non esattamente. Semplicemente era lì, in attesa. Frequentando assiduamente il tema non volevo scorrerlo, ma leggerlo con attenzione, per capire che cosa mai Parsi avesse da dire di nuovo.
Non conosco, personalmente, Vittorio Emanuele Parsi. Non si è mai presentata l’occasione. So chi è e che cosa scrive. Mi fece simpatia quando, incauto ospite nel “salottino” di Bianca Berlinguer, abbandonò la fossa dei leoni dominata da Andrea Scanzi, Alessandro Orsini e Donatella Di Cesare. Conoscendo personalmente sia Orsini sia De Cesare mi fece anche tenerezza. Fare un ragionamento serio in un contesto come quello non è difficile, è impossibile. Capisco bene la frustrazione.
Tornando al suo libro – Madre Patria. Un’idea per una nazione di orfani – rischiava di riaffiorare tra qualche mese, se non mi avesse colto di sorpresa e addolorato la notizia del grave malore che ha colpito l’autore a Cortina, dove era appunto per presentarlo. Così ho deciso che il suo turno era arrivato. Per curiosità e per rispetto. E forse con l’irrazionale retropensiero che leggere il libro di un autore ne mitighi la sofferenza e possa contribuire alla sua guarigione. Come idea è un po’ folle, ma è andata così.
Madre Patria, dunque. Patria con la maiuscola. Come tutti dovrebbero scrivere. E invece siamo rimasti in pochi. Perché siamo rimasti orfani. Da quando? Da troppo tempo, ormai. Almeno da quando, come italiani, non siamo riusciti a gestire i postumi della seconda guerra mondiale. La guerra che, nel biennio 1943-1945, nel fronte interno è stata anche guerra civile. Combattuta, realmente, da una esigua minoranza, composta da militari della repubblica mussoliniana e da partigiani che lottavano per la libertà, ma con prospettive politico-ideologiche opposte. <In buona sostanza incompatibili>, scrive Parsi. <Da un lato i partiti borghesi allineati con gli angloamericani, con una visione liberale e democratica del mondo e della Patria italiana da ricostruire; dall’altro quello comunista legato alla visione propugnata dall’Urss>.
In quegli anni di dolore e ambiguità si è diffusa tra gli italiani la sensazione della morte della Patria, un concetto già messo a dura propria dall’uso retorico che ne aveva fatto il fascismo. Della stessa Resistenza è prevalsa una ricostruzione opportunistica, utilizzata come una clava nell’agone politico, di decennio in decennio, fino ai nostri giorni. Non sono mancati, dopo la stagione del terrorismo, tentativi di riabilitare il concetto di Patria. Con Spadolini, con Craxi, con Pertini, con Ciampi. Sforzi ammirevoli, che non sono tuttavia riusciti ad archiviare l’uso strumentale e divisivo del termine. Ciascuno, a suo modo e secondo le circostanze, impegnato a far prevalere la sua idea di Patria, piuttosto che a promuovere il riconoscimento della Patria come valore comune e comunitario.
Alcuni passaggi del testo di Parsi mi convincono meno di altri, ma complessivamente condivido l’analisi, anche con il riferimento alla guerra russa contro l’Ucraina. Per Parsi gli ucraini che difendono la Patria contro gli invasori sono un modello e, in qualche modo questo modello così vicino potrebbe aiutarci a recuperare il senso vero e profondo del patriottismo, dell’amor di Patria al di là e al di sopra delle opzioni politiche. Potrebbe. Perché, gravati da un’ambiguità storica, gli italiani potrebbero invece non imparare l’ennesima lezione. Vedremo.
La speranza di Parsi è che si riesca a riconoscersi nella stessa Madre Patria, tornando così ad affratellarci. <Tutti noi meritiamo – scrive, sperando che il momento sia giunto – molto di più che dover scegliere tra chi propone la sua idea di Patria e chi non sa far meglio di negarne il valore. Non si tratta di aderire a un disegno altrui, ma di contribuire attivamente a riedificare una Madre Patria che sappia mettere insieme il meglio del nostro passato con le speranze più audaci per il nostro futuro e per quello delle nostre figlie e dei nostri figli>. Vittorio Emanuele Parsi auspica <Un’idea di Patria gentile, aperta sul mondo e sul futuro, capace di unire e non di dividere, forte dei suoi valori e delle sue tradizioni, protetta dalle sue istituzioni democratiche, non impaurita o nostalgica, ma luminosa e fissata in alto nel cielo>.
Come non condividere? Per questo ne consiglio la lettura. A noi serve un’Italia gentile. Se riusciremo a costruirla si vedrà. Certo ci vuole il contributo di tutti. Di tutti i cittadini, intendo, non solo della classe politica.
Vittorio Emanuele Parsi, Madre Patria. Un’idea per una nazione di orfani, Bompiani, Milano 2023