Via Nomentana, civico 361. Segnatevi questo indirizzo. Qui ha sede l’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran. Una bella sede, come tutte le ambasciate a Roma.
Da ieri mi aspetto di vedere un sit-in di protesta. Magari non berciante. Silenzioso. Organizzato da donne solidali con Ahoo Daryaei. Di donne militanti, attiviste, femministe. Una manifestazione silente, tanto per far capire che in Italia l’arresto di una studentessa non è considerata una cosa normale, a meno che non abbia commesso un reato. Già, ma non indossare il burka nella grande Repubblica Islamica dell’Iran e’ un reato. Dunque Ahoo – in farsi significa Gazzella – rischia il carcere, come tante, come la premio Nobel Narges Mohammadi, che è appunto in carcere e continua a subire processi.
Vabbè, avranno pensato le attiviste italiane, se quella è la legge, le ragazze iraniane la rispettino. Sorelle si, ma nei limiti. Che vuoi che sia essere redarguite dalla polizia morale per mancanza di veli? Che vuoi che sia averla arrestata e rinchiusa – sembra – in un manicomio perché “malata di mente”. In effetti solo una malata di mente può pensare di spogliarsi e passeggiare in mutande e reggiseno, capelli sciolti, all’Ingresso dell’Università di Teheran. Ahoo Daryaei mica è Ilaria Salis. Mica è Patrick Zaki, scomparso di radar dopo proteste infinite e alla fine graziato grazie all’impegno del governo Meloni. Ahoo ha preteso persino di spogliarsi, disgraziata.
Per carità, sui social l’indignazione si diffonde per la sorella Ahoo. Che tuttavia non merita neppure un sit-in femminista, per non dire una manifestazione di piazza, dopo mesi di mobilitazioni ProPal.
Magari sono disattento, ma non mi pare che quel brav’uomo del segretario dell’Onu António Manuel de Oliveira Guterres si stia stracciando le vesti per solidarietà umana. Silente persino la Francesca Albanese specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Una parola ci stava. Ma forse si ritiene incompetente. Lei per l’Onu si occupa di palestinesi oppressi da Israele, mica di quelli oppressi da Hamas ed Hezbollah, alleati e sovvenzionati dalla Repubblica Islamica dell’Iran che arresta e fa sparire le donne che protestano contro un regime teocratico che impone loro il burka. Che vuoi che sia? Non la conosci la legge, la sharia? Mica vivi in Israele, dove puoi fare quel che ti pare, persino protestare contro il governo, essere eletta deputata, o rettore, anche se sei araba? Anche se vai in giro in giro in mutande. Anche se sei lesbica.
A chiedere l’immediato rilascio della studentessa di Teheran ci ha pensato Amnesty International, in verità. Con scarse possibilità di successo, purtroppo. A parte questo, Ahoo Daryaei rischia di restare sola. Facciamo sentire la nostra voce, si scrive sui social. Una voce troppo flebile, tuttavia. Per questo, in attesa di un’iniziativa femminista, sono francamente angustiato. Io sono con l’eroina di Teheran. Per quel che è nelle mie capacità. C’è chi è più bravo di me. Qualcuno si muove.
Dunque segnalo che a Verona, in Piazza dei Signori, è stato organizzato per domani 6 novembre un “Incontro solidale al canto di Free women”. Grazie a chi di ha pensato. Non Le conosco. Ma ringrazio Federica Iaria e Marina Sorina. Su Facebook Iaria ha spiegato: “Arriva un momento in cui scrivere post, esprimere solidarietà dalla poltrona non basta più. Esiste il momento per l’azione. Chi è a Verona o dintorni o chi ha voglia di fare, anche un poco di differenza, venga mercoledì 6 alle 18. Ci sono lotte cui non ci si può moralmente sottrarre, senza alibi, o scuse. Ci sono volte in cui si possono rubare 30 minuti della propria esistenza per guardarsi con orgoglio nello specchio. Questa è una di quelle”.
Grazie davvero. Ciascuno faccia il meglio che può. Non solo per Ahoo Daryaei. L’inferno è anche tra noi. Si scopre che in questi giorni che, nel Modenese, una quindicenne, d’accordo con la famiglia, ha deciso di togliersi il velo. Ebbene, tre sue ex amiche, anch’esse marocchine, l’hanno dileggiata e picchiata. Non ho commenti.
Pubblicato anche su “The Social Post” il 5 ottobre 2024: