Solo una persona totalmente priva di buon senso poteva immaginare che Donald Trump, felice di essere tornato alla Casa Bianca, diventasse trasparente. O moderato. Non è nel suo carattere. La sua natura è quella del provocatore seriale. È quella di un politico in bilico tra due storiche caratteristiche statunitensi, isolazionismo e imperialismo. Ed entrambe le manifesta nel suo modo teatrale.
Difficile prevedere come si evolverà la sua posizione su Gaza e sull’Ucraina. Per ora è solo certo che non considera l’Unione Europea un interlocutore necessario. E neppure i singoli Stati europei. Disposto a ogni trattativa, nel segno del realismo pragmatico, è possibile che riesca a ottenere risultati positivi. Ma sicuramente il suo protagonismo a senso unico inquieta.
Un’inquietudine perfettamente espressa da Ernesto Galli della Loggia sul “Corriere della Sera”. <<Pure a questo paradosso – scrive – dovevamo assistere: allo spettacolo di J. D. Vance, colui che dopo il presidente è il massimo rappresentante politico degli Stati Uniti — il Paese vincitore del Terzo Reich, liberatore dell’Europa dal dominio hitleriano, e dunque autore della sua rinascita democratica dopo il 1945 — venire a Monaco a rampognare con una serie di accuse insulse proprio i leader attuali di quell’Europa. Per poi andare a lisciare il pelo alla capa del partito filonazista tedesco augurandole, immaginiamo, ogni successo per il futuro appuntamento elettorale. E ci è toccato vedere ancora questo: un vicepresidente degli Stati Uniti, il Paese che per decenni sostenne lo scontro per fortuna incruento e per fortuna vittorioso con la Russia comunista, venire oggi a legittimare Vladimir Putin, l’erede politico di quella Russia da tempo riconsegnata al suo triste destino di Paese campione dappertutto del dispotismo più aggressivo e crudele>>. E non ci si illuda che Vance non rappresenti il pensiero di Trump.
C’è piuttosto da chiedersi dove sia l’Europa, al di là della retorica. Sull’Ucraina il debolissimo presidente francese Macron annuncia un vertice, al quale è disposta a partecipare la Gran Bretagna, che Unione Europea non è. Giusta iniziativa, ma di singoli Stati, che singolarmente considerati non sono “potenze”. Il vero problema è incapacità dell’Europa di manifestarsi in quando tale. Da Kiev Zelensky avvisa Trump: <<niente accordo su terre rare>>. E chiede all’Europa un esercito comune. Non ha torto, ma sono solo parole.
E dunque si torna all’Unione Europea, potenza economica ma non politica. Per di più preoccupata per i dazi annunciati da Trump. Sui quali si può trattare: dazi contro dazi. Ma la vera verità è che si rischia di abbaiare alla luna. Perché lo ha chiarito Mario Draghi. Avverte, infatti, che solo un cambiamento radicale può portare l’Ue fuori dalla situazionein cui l’Unione si è cacciata sostanzialmente per due motivi: «Il primo è la lunga incapacità dell’UE di affrontare i suoi vincoli di fornitura, in particolare le sue elevate barriere interne e gli ostacoli normativi. Il FMI stima che le barriere interne dell’Europa equivalgano a una tariffa del 45 per cento per la produzione e del 110 percento per i servizi».
Draghi lamenta come le normative Ue abbiano «ostacolato la crescita delle aziende tecnologiche europee impedendo all’economia di liberare grandi benefici in termini di produttività». Un esempio, sono «i costi per conformarsi al GDPR che si stima abbiano ridotto i profitti delle piccole aziende tecnologiche europee fino al 12 per cento». L’«incapacità di ridurre le barriere interne ha anche contribuito» a una dipendenza dell’Europa dal commercio che oggi in termini di Pil pesa il 55% nella zona euro, mentre in Cina è al 37 per cento e negli Stati Uniti solo al 25 per cento. Questo è il vero problema. Un’Europa che si fa male da sola non può sperare di trattare alla pari con l’America, della quale non può che essere alleata. Innanzitutto per ragioni storiche e culturali. Con tutti i loro problemi interni, politici ed economici, i leader europei riusciranno a ragionare, a imboccare una strada nuova? Per ora si può solo sperare. Grazie alla sua stabilità politica interna l’Italia potrebbe svolgere un ruolo importante. Tutto è difficile, ma dobbiamo crederci.
Pubblicato anche su “The Social Post”: