È triste, persino agghiacciante, la storia di Francesca, ventiduenne di Scampia. Cercava un lavoro e una commerciante gliel’ha offerto a 70 euro alla settimana, per 10 ore al giorno. Cioè, più o meno, per 1 euro all’ora. Al nero, ovviamente, perché legalmente sarebbe impossibile. Ma è facile aggirare la legge, non dichiarando le ore effettive di lavoro. Ne comunichi 2, ma ne devi fare 10.
Il contatto era virtuale, e lei virtualmente ha risposto, raccontando poi tutto su Tik Tok. Forse sarebbe stato meglio rivolgersi a un centro per l’impiego, fornendo le prove – un colloquio su Messenger- e il nome della commerciante. La quale avrebbe dovuto, in teoria, ricevere una visita delle competenti autorità, compresa la Guardia di Finanza. Triste è che non ci abbia pensato. Un po’ per scoraggiamento. Un po’, probabilmente, perché vive con la famiglia in un ambiente estraneo a quelle che dovrebbero essere normali relazioni con i pubblici uffici. Resta il grido di dolore affidato a un social, a dimostrazione di quanto i social siano diventati incombenti. E questo è agghiacciante. Come agghiacciante è che una imprenditrice – magari piccola, forse piccolissima – possa immaginare di offrire a una potenziale dipendente un retribuzione persino infamante. In Italia, nel 2022. Se lo ha fatto, però, vuol dire che riteneva di poter ricevere una risposta positiva. Della serie meglio poco, pochissimo, di niente.
La storia è rimbalzata sulla stampa. Meglio così. Magari alla ragazza di Scampia qualcuno offrirà un lavoro. Speriamo. Sono però mesi che si lamenta carenza di personale in molti comparti produttivi. Nel turismo, nella ristorazione, per esempio. Dove è comunque necessaria una professionalità, una formazione. Certo non ti inventi tornitore o elettricista in una notte, ma neppure cameriere o barista.
Mentre si parla di reddito minimo legale, al di là di quello stabilito dai contratti collettivi, la questione andrebbe osservata da un punto più largo. Se oggi su 100 posti di lavoro trovati solo il 10,6 derivano a Agenzie e Centri per l’impiego è evidente che le cose non funzionano. Ed è altrettanto evidente che il cosiddetto reddito di cittadinanza è stato un madornale errore, un clamoroso abbaglio ideologico, che ha determinato gravissimi effetti distorsivi. Se quello che racconta Francesca è vero – e non voglio dubitare – la ragazza dovrebbe ricevere il reddito di cittadinanza, mentre sembra che non lo riceva. Probabilmente perché convivente in una famiglia che dispone di un reddito superiore alla soglia. Oppure – e sarebbe una buona notizia – vuol dire che preferirebbe lavorare piuttosto che vivere di sussidi.
Se però domanda e offerta di lavoro non si incontrano siamo sull’orlo del disastro sociale, sull’orlo del baratro. Il caso di Scampia è forse la punta di un iceberg. Mi sembra difficile che casi del genere sia così diffusi, anche se il dubbio viene. Sicuramente diffuso è il caso di potenziali giovani lavoratori che preferiscono, finché c’è, ricevere il reddito di cittadinanza piuttosto che accettare un lavoro regolare, retribuito secondo contratto. Per una Francesca che giustamente rifiuta pochi spicci, molti Giovanni o Paole si stanno abituando al non-lavoro, senza la capacità di guardare lontano. Non dico al futuro della Nazione, che sarebbe una pretesa, ma al loro futuro come persone. La questione è tracimata da tempo dal campo economico al campo culturale. Tra un sussidio e l’altro, una fetta forse molto larga di ragazzi si sta convincendo che è meglio vivere alla giornata piuttosto che fare gli apprendisti e costruirsi un futuro. Pur in un momento così difficile, la politica dovrebbe applicarsi a questo tema. Non solo per rispetto verso tutte le Francesche d’Italia. Ma soprattutto perché alle Francesche va indicata una prospettiva. Una prospettiva che i populismi non sanno neppure immaginare. Ma la politica, in questo momento, ama applicarsi al tema dei “centrini”, alla sopravvivenza personale. Forse neppure comprende il senso di una denuncia su Tik Tok.