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Ciao, Maestà

Settembre 8, 20220

Non sono monarchico. Forse lo sarei se fossi inglese. Ma non ne sono così sicuro. Anche se comprendo, nelle monarchie costituzionali, il ruolo che il sovrano ricopre come rappresentante e simbolo dell’unità nazionale. I presidenti della Repubblica, anche se viene loro attribuito, non interpretano questo ruolo con la medesima efficacia. Può non piacere, ma è così.

Detto questo, la Regina Elisabetta II, sovrana per settant’anni che hanno visto cambiare il mondo, ha accompagnato tutta la mia vita. Ho sempre saputo che a Londra c’era una Regina. La sua esistenza, tra alti e bassi, è stato un punto fermo, iconico.

Ora che non c’è più, non credo che Carlo III susciterà eguali sentimenti, nei suoi “sudditi” e nel mondo. Vedremo. Umanamente parlando non lo invidio. Ha atteso talmente tanto che forse neppure ci sperava più. Quante volte si è detto che sarebbe saltata una generazione? Una cattiveria da tabloid? Chissà… Certo, è un problema essenzialmente inglese, ma in qualche modo riguarderà anche noi, nonostante la brexit. Il futuro è tutto da scrivere.

Resta la mia ammirazione per la Regina che non è più. Mi basta, per ammirarla, il suo gesto di due giorni fa. Stava male. Era a Balmoral, in Scozia. Tra i suoi doveri c’è la nomina simbolica del nuovo premier, con la cerimonia del cosiddetto “baciamano”. Non poteva tornare a Londra. Poteva delegare l’erede al trono. Invece ha voluto stringere la mano a Liz Truss. Regina fino all’ultimo minuto. Per dovere, verso il suo popolo, verso la regalità come principio, come idea.

Ecco, la Gran Bretagna ha avuto per settant’anni un simbolo positivo, peraltro capace a tratti di impuntature politiche. Forse quella più importante sulla apartheid sudafricana. Aveva ragione lei. Dunque rispetto. Grande rispetto.

Ciao, Maestà. Un mondo se ne va con Voi. E tutti saremo più soli.

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