Come è potuto accadere? È la domanda – inquietante, sconvolgente – che sempre si pone quando si affronta il tema del nazismo e dei suoi esiti, principalmente, ma non solo, con riguardo alla Shoah, cioè al programmato e in parte attuato sterminio degli ebrei. Una domanda che, nonostante una sterminata bibliografia, continua a rimanere sospesa, quasi senza risposta, da un punto di vista umano. L’ascesa a potere di Hitler ha naturalmente spiegazioni ben note alla storiografia, e in fondo semplici, quasi scontate. In estrema sintesi: la sconfitta tedesca nella Grande Guerra; un trattato di pace molto punitivo; il dissesto interno – politico, psicologico, sociale, economico – determinatosi con il crollo dell’Impero guglielmino. Ma si tratta, in fondo, di una spiegazione superficiale, di una banale scalfittura della verità profonda, che appare per certi versi inconoscibile.
In questo urticante Contra Genesim Alberto Castaldini cerca di andare oltre, scavando nel cuore dell’ideologia nazista, alla ricerca delle sue radici antropologiche. Una problematica, come sottolinea Giulio M. Chiodi nella prefazione al volume, che <nel grande quadro di ricostruzione ideologica del movimento nazionalsocialista>, <occupa sicuramente una posizione centrale, e nonostante rivesta questa evidente centralità, si può dire che finora non sia stata delle più indagate>. Castaldini colma questa parziale lacuna con un’analisi debitrice delle sue profonde competenze filosofiche. Ne deriva, in un amaro e dolente crescendo, una critica senza sconti della influenza di un radicale naturalismo posto alla base di una paradossale concezione materialistico-determinista e a un tempo “sacrale” dell’essere umano. Una visione che trae dalla biologia e dalla nascente scienza antropologica – esasperandone gli esiti – le ragioni della supremazia assoluta della presunta “arianicità” della razza germanica, anch’essa presunta. Temi ben noti agli studiosi. Con tutte le variazioni attinenti al positivismo ottocentesco.
Affermata apoditticamente la superiorità biologica della razza ariano-nordica, che presuppone il tedesco come l’unico uomo propriamente detto, ne derivano la definizione dell’ebreo come anti-uomo, dunque nemico interno, del mediterraneo come uomo-mediano, dello slavo e dell’asiatico come sotto-uomo. Una visione puramente biologica, che si evolve in bio-politica, mentre si aggrappa all’eugenetica e si circonda di esoterismo: nel concreto un calderone politico, para-religioso e pseudoscientifico, che tra l’altro si nutre del mito dell’uguaglianza di specie come caratteristica dirimente del popolo tedesco, al quale va vietata l’ibridazione con i “diversi”, inferiori per natura, come i tedeschi per natura sarebbero superiori. Una superiorità che va recuperata ed esaltata nel contesto del folle progetto di coltivare la maggiore “purezza razziale” geneticamente ottenibile. Si pensi al progetto eugenetico di Lebensborn, cioè alla selezione delle coppie “nordiche” capaci di riprodurre “in purezza”.
Nella visione nazista a prevalere è la continuità di sangue, che si trasmette di generazione in generazione, esaltando per questo il culto degli antenati, degli avi, che con il sangue – elemento biologico – trasmetterebbero anche “valori” etici. La scienza biologica si trasfigura così in una rilettura della storia dei popoli, che avrebbero immutabili origini ancestrali. Obiettivo del popolo tedesco è rivendicare il suo presunto ruolo di guida e di dominare l’Europa, eliminando fisicamente gli altri popoli-specie. Per raggiungerlo, i tedeschi dovevano affidarsi a Hitler come capo carismatico, non contestabile, <decisore supremo e demiurgo di un’umanità nuova>, in un rapporto di sudditanza che esaspera anche il fideismo dovuto ai Re e ai nobili in ambito medievale. Guida assoluta che, paradossalmente, si fa guida deificata per via genetica.
Castaldini ricostruisce con accuratezza i profili e l’influenza degli scienziati, giuristi, pensatori, che contribuirono – non necessariamente in modo consapevole – alla formazione dell’ideologia nazista, vagando tra biologismo ed etologismo. Un percorso che porta necessariamente alla soluzione finale, ai lager, alla concezione del non-uomo come semplice utensile, privo di spirito. Da tenere in vita fin quando sia efficiente. In fondo è questo il cuore del sistema: la disumanizzazione. Il non-uomo è materia, merce. Nel lager anche il medico assume una dimensione deistica. Non cura l’essere umano. Decreta la vita – se utile – della merce, oppure la non vita. L’ideologia nazista, in sostanza, si manifesta come negazione della cultura affermatasi nel mondo latino. <Se l’antica Roma – ricorda Castaldini – assimilava e incorporava “l’altro”, la nuova Berlino lo espelleva o lo eliminava per la sua incompatibile essentia. Nella cultura romana la mera condizione biologica, in quanto presociale, era ritenuta una forma di vita incompleta; nel Terzo Reich, diversamente, l’appartenenza alla specie/popolo (Volksart) faceva della nascita un dato primario nella definizione della posizione e del ruolo dell’individuo in una società riedificata su basi razziali>.
Come è stato possibile? Torna inevitabilmente la domanda. <Come – si chiede l’autore – il progetto biopolitico hitleriano in appena dodici anni non solo abbia potuto raggiungere precisi obiettivi (di cui il Mein Kampf fu esplicito manifesto programmatico), ma abbia generato una tale spirale nichilistica hýbris da annullare in brevissimo tempo le secolari conquiste civili della nazione tedesca>? La verità è che è stato tragicamente possibile. È stato talmente possibile che, alla caduta della Germania nazista, si manifestò una non marginale tendenza al suicidio collettivo, come se persa la “guida”, e con essa la prospettiva finalistica, fosse impossibile sopravvivere. A tanto era giunta la <manipolazione dell’uomo e della natura>. Un’altra domanda, storiograficamente, si pone. Come sia stato possibile che le potenze impegnate contro la Germania nazista, pur consapevoli della soluzione finale, programmata e in atto, non abbiano agito per tentare di fermare lo sterminio. Ma tale questione riporta al realismo della politica, necessario e utile per governare e vincere guerre, ma non va confuso con l’etica.
Alberto Castaldini, Contra Genesim. Sugli ebrei e la rifondazione antropologica del nazionalsocialismo, FrancoAngeli, Milano 2019