A chi avesse voglia di capire realmente come funzionano le relazioni internazionali consiglio di leggere questo Relazioni pericolose. Italia fascista e Russia comunista, nuovo lavoro di Maria Teresa Giusti. Non perché si basi su una approfondita ricerca negli archivi ex sovietici. Anche per questo, naturalmente. Ma, storica di vaglia, della sua capacità di scovare documenti e di utilizzarli per ricostruire come e perché le cose andarono in un certo modo piuttosto che in un altro non si può dubitare.
Lo consiglio, essenzialmente, ai non addetti ai lavori. Soprattutto a quelli, e sono troppi, convinti che il mondo sia binario. Di qua i buoni, di là i cattivi. Di qua i bravi, di là gli incapaci. Accecati da quella che una volta si chiamava ideologia, costoro entrano in crisi quando si trovano a confrontarsi con una realtà diversa da come amano immaginarsela. Diversa perché complessa, non binaria.
Come è possibile, si chiede l’orecchiante ideologico, che l’Italia governata da un dittatore che i comunisti li spediva al confino, abbia avuto così intense relazioni con l’Unione Sovietica? È possibile perché, semplicemente, le azioni degli Stati non dipendono se non marginalmente dall’indirizzo politico dei loro governi. Ciascuno Stato agisce per tutelare i propri interessi. Politici, sì. Ma anche, e spesso soprattutto, economici. Allora come nel presente.
Dopo la rivoluzione sovietica, la Russia aveva l’impellente necessità di ricostruire e migliorare il proprio tessuto industriale. Per farlo, doveva ristabilire prima possibile relazioni diplomatiche con l’Europa occidentale. Dunque, anche con l’Italia. Prima con quella liberale e poi con quella fascista. Per farlo, con Mussolini al governo, doveva per forza di cose lavorare su binari paralleli. Da un lato promettere ai comunisti italiani sostegno alla loro battaglia politica contro il fascismo. Dall’altro accantonarli come interlocutori e affidarsi alla diplomazia della necessità.
Per far rinascere la Russia occorrevano capitali e tecnologia straniera. Per rinascere dopo la Grande Guerra l’Italia aveva bisogno di materie prime, a cominciare dal petrolio. Italia e Russia avevano bisogno di importare ed esportare. Il percorso fu complesso, a cominciare dal formale riconoscimento italiano del governo sovietico. E complesso rimase per un ventennio, fino alla dichiarazione italiana di guerra del 22 giugno 1941, a fianco della Germania hitleriana. La quale, tuttavia, due anni prima aveva siglato il patto di non aggressione noto come Molotov-Ribbentrop, che consentì la spartizione della Polonia tra Berlino e Mosca.
Come in quel ventennio – tra alti e bassi – si siano sviluppate le relazioni politico-economiche tra Roma e Mosca, Maria Teresa Giusti lo spiega, appunto, sulla base dei documenti. Dai quali emerge che, pur trionfante nel nome dell’antibolscevismo, <la lettura che il fascismo ha dato del regime bolscevico è stata nel tempo mutevole, se non contraddittoria, sia nella politica interna sia in quella estera>. Sorprendente, ma non troppo. Anche sotto il profilo “ideologico”. Non finirà il comunista Nicola Bombacci per seguire Mussolini nella morte? Non seguì Mussolini, invece, l’industriale Franco Marinotti, che era stato fin dal 1921 e per anni sarà tra i protagonisti della ripresa delle relazioni commerciali tra Italia e URSS. Non lo seguì e fu arrestato nella Rsi. Pochi anni dopo fu – paradossalmente – tra i finanziatori del MSI.
Al di là dei percorsi umani – anche quello di Umberto Nobile, per citarne un altro – e degli archivi sapientemente e rigorosamente utilizzati, Relazioni pericolose aiuta comprendere il cuore della realpolitik. Oltre i luoghi comuni. Ci si prenda la briga di leggerlo.
Maria Teresa Giusti, Relazioni pericolose. Italia fascista e Russia sovietica, Il Mulino, Bologna 2023