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Fiuggi, tra storia e memoria

Gennaio 29, 20250

Non me la ricordo bene. La data, intendo. Comunque un giorno d’autunno del 1992. Mi chiama Adolfo Urso, un collega, un amico. Adolfo lavorava ancora al “Secolo d’Italia”. Ma era, da sempre, impegnato in politica nelle organizzazioni giovanili del MSI-Dn.  Mi chiama, dunque, per spiegarmi  che sta lavorando, con Domenico Fisichella e altri alla creazione del comitato promotore  di un nuovo soggetto politico che si chiamerà Alleanza Nazionale. Bella idea, gli dico. È arrivato il momento per la destra di cambiare passo. Sono con voi, ma – spiego – non posso aderire formalmente. Sono un giornalista della Rai, impegnato anche nel sindacato. Sarebbe improprio. Dunque nel comitato organizzatore il mio nome non c’è. Mi dispiacque, ma non potevo fare diversamente. Già in Rai e nel sindacato ero un “mostro” di destra. Avrei certificato, sbagliando, una appartenenza non culturale ma strettamente politica.

Il clima, in RAI, non era dei migliori per i “diversi”. Non che mi importasse. Anzi, la prendevo a ridere. Assunto nel gennaio del 1992, lavoravo al Gr3, redazione cronaca. Nessuno – salvo il caporedattore Mario Accolti Gil, socialista – parlava con me di politica. Con Mario, collaboratore di Mondoperaio, coltissimo, diventammo amici. Si parlava, si discuteva. Come si fa tra persone civili. Per gli altri colleghi, salvo qualche eccezione, ero semplicemente un “fascista”. In quanto tale, potevo, raramente, essere persino utile. Chissà se Gianfranco Fini se lo ricorda. Io bene. Ero passato, con Mario, alla redazione Speciali. Un pomeriggio si affaccia imbarazzato un collega del Politico. Cosa rarissima. “Scusa Rossi, posso chiederti una cortesia?” Dimmi. “Sai, ogni tanto dobbiamo dare uno spazio alle opposizioni. Oggi ci toccherebbe fare un minutino con Fini. Magari, se sei disponibile, sai com’è, tu potresti…” Insomma, nessuno voleva sporcarsi le mani. Poi il mondo cambiò, e fecero la fila… La feci quella cortesia. Chiamai Gianfranco. “Come va?” “Ciao Gianni, li come stai?” “Se hanno chiesto a me di chiamarti puoi capire l’aria”. Buon lavoro, ecc. ecc.

La Rai era così. D’altra parte di me si sapeva tutto, vita, morte e miracoli, non ho mai nascosto nulla, ammesso che fosse possibile. Il giornalismo romano era ed è come la piazza di un paese. Avevo cominciato con “Op” di Mino Pecorelli, poi il “Secolo”, il “Giornale d’Italia”, i quotidiani del gruppo Ciarrapico. Il “dottore” chiuse la redazione romana. Ero il caporedattore e rimasi disoccupato. E da redattore disoccupato entrai in Rai.

Non ho mai negato di essere stato un giovane militante missino. Mica me ne vergogno. Ero anticomunista. E dove potevo capitare alla fine degli anni Sessanta? Poi il giornalismo, dalla porta secondaria. Ma quello volevo fare. A Fini eletto segretario, quindi editore, glielo dissi che stavo cerando un altro posto. E me ne andai senza alcun rancore. Non volevo fare il politico di professione.

Comunque in Rai era sbarcato un “fascista”. Vaglielo a spiegare che non lo ero. Lo avevo anche messo nero su bianco, nel 1978, in una lettera a “Dissenso”, il periodico del FdG. Il segretario Fini, nonché direttore, la pubblicò. Di destra si, fascista no. D’altra parte ero appena entrato in Rai quando  – gennaio 1992 – uscì la mia storia del MSI, “Alternativa e doppiopetto”. Vaglielo a spiegare che era l’evoluzione della mia tesi di laurea in Scienze Politiche, approvata e sottoscritta a fine anni Settanta – brutto clima  – dal professore – socialista – Carlo Vallauri. Gran brava persona. Che accettò, tanti anni dopo, di presentare il libro. Prima della sua scomparsa – era molto anziano – ebbi l’opportunità di intervistarlo nella mia rubrica televisiva “Le pagine della politica” su un suo libro sulla Resistenza in Europa. “Caro Rossi…“  “Caro professore…” Ci siamo abbracciati. Anche nella vita professionale ci sono bei momenti. D’altra parte fu lui a spedirmi a via Tasso, a studiare.

Dunque la nascita di An. Io c’ero. 27 gennaio 1995. Ne avevo seguiti tanti di congressi missini. Non andai per lavoro. Solo da giornalista curioso. E anche un po’ da storico di quel mondo. Tutto era cominciato molto prima. Da un articolo di Fisichella su “Il Tempo”. “Per una Alleanza Nazionale”. Qualcuno pensò che Alleanza Nazionale fu scelto in contrapposizione ad Alleanza Democratica. Può essere. Ma resto convinto che Fisichella, in cuor suo, pensasse alla Alleanza Nazionale degli anni Venti.

Comunque, alle terme di Fiuggi, il clima era teso. Si capiva. Dalle espressioni dei delegati. Le “Tesi” erano chiare e ben scritte. Ma era inevitabile che la minoranza rautiana le considerasse un abbandono della “casa del padre”. Le Tesi affermavano che “È giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato”. “La destra politica non è figlia delfascismo. I valori della destra preesistono al fascismo, lo hanno attraversato e ad esso sono sopravvissuti”. E poi c’era la condanna dell’antisemitismo.

Io, che nel 1973, avevo scritto su un giornaletto “noi non siamo fascisti”, pensai che si apriva una nuova positiva stagione per la destra, anche se qualche amico lasciò la sala piangendo. Anche se ero perfettamente consapevole che in gran parte, sia pure in modo talvolta ambiguo, e con qualche non residuale eccezione, quel mondo la “casa del padre” l’aveva lasciata decenni prima. Quando, nel 1951, chiuse con il terzaforzismo e sposò l’atlantismo. Quando, in quegli anni, rinnegò l’antisemitismo e sostenne Israele. Quando, nel 1969, creò il Fronte Anticomunista. Quando, nel 1970, Almirante ribadì che era fuori dal partito che chi rinnegava il Patto Atlantico. Quando creò la Destra Nazionale, che a molti non piacque, e poi la Costituente di Destra. Sbagliò, invece, contrastando la prospettiva di Democrazia Nazionale. La storia sarebbe lunga.

In questi giorni grandi celebrazioni, incontri, ricordi. Trent’anni. Ciascuno ha il suo. I giornali – salvo quando ne scrive chi c’era – ne danno conto con molta ambiguità. Io mi limito a ricordare, da testimone, che la “svolta” era necessaria e anche grazie a essa – senza dimenticare Berlusconi – lo scenario politico italiano cambiò, definitivamente. E fu un bene.

 

Pubblicato anche su “The Social Post” il 30 gennaio 2025:

https://www.thesocialpost.it/2025/01/30/fiuggi-tra-storia-e-memoria-la-nascita-di-alleanza-nazionale/

 

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